I rimborsi del 730 avranno un controllo in piu’ con rimborso superiore a 4.000 euro
I modelli 730 con un credito superiore a 4000 euro saranno preventivamente controllati e il rimborso verra’ effettuato dall’Agenzia delle Entrate
Le Detrazioni IRPEF delle spese per arredi cambiano con la Legge di Stabilità 2014
Proroga fino al 31 dicembre 2014 della detrazione per i mobili destinati agli immobili ristrutturati
Novità nella legge di stabilità 2014 riguardo le detrazioni per ristrutturazioni edilizie
Proroga detrazione per ristrutturazione edilizia del 50% fino a tutto il 2014 nella legge di Stabilità
Novità sulle detrazioni per riqualificazione energetica degli edifici nella legge di stabilità 2014
Proroga detrazioni IRPEF IRES per i lavori di riqualificazione energetica fino a tutto il 2015, e 2016 per i condomini
Contratti di lavoro intermittente cancellati dal 1 gennaio 2014
Scattati gli effetti della Riforma Fornero sul contratto intermittente
Nov, 2013
Irap dei piccoli studi: chi paga e chi no
L’avvocato che utilizza lo studio di un collega non deve pagare l’Irap. Al pari del commercialista che lavora solo come sindaco di società e ha avuto per un certo periodo in tempi diversi una segretaria e un praticante. O come il medico o il legale che hanno una segretaria part-time con funzioni puramente esecutive. In tutti questi casi, però, i contribuenti hanno dovuto arrivare fino in Cassazione per vedersi riconosciuta l’esclusione dall’imposta, spendendo tempo e denaro, e affrontando le incertezze della definizione di «autonoma organizzazione» (il requisito in assenza del quale l’imposta regionale non è dovuta).
Questa è la situazione in cui si trovano oggi tanti professionisti e imprese individuali, a meno di un mese dal termine per il versamento degli acconti del 2 dicembre. E le cose almeno per ora non sembrano destinate a migliorare con il 2014, visto che le disposizioni dettate un anno fa per ridurre l’Irap sui piccoli sono state praticamente svuotate negli ultimi mesi
I fondi azzerati
La legge 228/2012 stanziava 682 milioni per il triennio 2014-2016, aprendo di fatto alla possibilità di escludere dall’Irap i professionisti e le imprese individuali che non hanno dipendenti e usano beni strumentali al di sotto di un certo valore. Il fondo, però, è stato eroso rapidamente: i 188 milioni stanziati per il 2014, ad esempio, sono stati via via dirottati per coprire i bonus edilizi e per i mobili (15 milioni), le misure del decreto “del fare” (15,9 milioni) e quelle previste dal decreto Iva-lavoro (150 milioni). Con il risultato che oggi rimarrebbe in cassa la miseria di 7,1 milioni. Ma il condizionale è puramente teorico, perché il Ddl di stabilità ora all’esame del Parlamento sopprime l’autorizzazione di spesa, in pratica definanziando il fondo.
Peraltro, anche se le risorse fossero rimaste al loro posto, sarebbero state inutilizzabili, perché non è mai stato emanato il decreto dell’Economia con cui chiarire il valore minimo dei beni strumentali. Senza dimenticare che secondo la Cassazione il valore dei beni è ininfluente ai fini del concetto di «organizzazione»: e quindi alcune delle micro-imprese con beni strumentali appena sopra la soglia avrebbero sicuramente intentato ricorso.
Il rebus, insomma, resta tutto da risolvere. La speranza più concreta di una soluzione è affidata al disegno di legge della delega fiscale (As 1058), già approvato alla Camera e ora in commissione Finanze al Senato. Il testo all’articolo 11, comma 2 incarica il Governo di chiarire la definizione di «autonoma organizzazione» adeguandola ai princìpi più consolidati definiti dai giudici, nell’ottica di escludere dall’Irap i professionisti, gli artisti e i piccoli imprenditori.
Le risorse in gioco
La legge 228/2012 citava espressamente le «persone fisiche», mentre il Ddl della delega fiscale resta un po’ più sul vago, parlando di «piccoli imprenditori». Quale che sia la definizione esatta, comunque, non è difficile individuare il perimetro dei soggetti interessati a un chiarimento definitivo. Nell’anno d’imposta 2010 ultimo per il quale le Finanze abbiano pubblicato il dato disaggregato 2,6 milioni di persone fisiche hanno dichiarato quasi 2,4 miliardi di imposta netta, su un totale che supera i 30 miliardi contando le somme versate dalle grandi imprese (Spa e Srl pagano oltre 18 miliardi) e dalla pubblica amministrazione (quasi 10 miliardi).
È evidente, allora, che i 188 milioni stanziati per il 2014 avrebbero coperto solo una piccola parte dell’Irap riconducibile alle persone fisiche. Ma va detto che non tutti questi contribuenti sono effettivamente privi di organizzazione e che, d’altro canto, molti di coloro che sono stati esonerati dalla Cassazione hanno già smesso di pagare, e quindi non hanno bisogno di fondi a copertura. Come dire: non si tratta solo di pagare meno, ma anche di pagare con certezza.
Per avere una norma chiara, però, bisognerà aspettare non solo la delega che potrebbe anche trovare una corsia preferenziale abbinandosi alla legge di stabilità per il 2014 ma i decreti delegati che dovranno essere emanati dal Governo
Nov, 2013
Grande successo per il regime dei minimi
Sono più di 300mila i contribuenti entrati nel regime dei “nuovi minimi” negli ultimi due anni. Giovani alla prima attività, autonomi, professionisti, ex dipendenti che hanno perso il lavoro e, in misura minore, pensionati che cercano di arrotondare l’assegno.
Nel Paese che ha il record internazionale del tax rate, la prospettiva di pagare una sola imposta al 5% senza Irap e Iva diventa irrinunciabile per tutti coloro che riescono a rientrare nei requisiti fissati dall’ex ministro Giulio Tremonti nell’estate del 2011.
Un esempio? Un giovane professionista con un imponibile annuo di 18mila euro, se ha le carte in regola per i minimi, può chiudere i conti con il Fisco pagando 900 euro. E restando così con oltre 1.400 euro al mese di guadagno. Se dovesse versare le imposte ordinarie, invece, rimarrebbe con poco più di mille euro al mese. L’importo esatto dipende dalle addizionali comunali e regionali all’Irpef e dall’Irap che variano molto a livello territoriale ma l’ordine di grandezza non cambia.
Il divario è notevole, dunque. E può fare la differenza tra proseguire l’attività economica o chiudere bottega. Soprattutto se si pensa che il regime dei minimi è riservato a chi guadagna fino a 30mila euro all’anno, ha investito meno di 15mila euro e non ha svolto altre attività d’impresa con partita Iva nei tre anni precedenti. Un pacchetto di condizioni che insieme agli altri paletti dettati nel 2011 fa sì che il regime venga spesso scelto dai giovani professionisti che si affacciano per la prima volta sul mercato: avvocati, architetti, informatici, agenti di commercio, e così via.
I dati delle Finanze indicano che nel 2012, tra gli under 35 che hanno aperto una partita Iva, uno su due è entrato nel regime dei minimi. Le elaborazioni del Sole 24 Ore del lunedì, poi, dimostrano che se il trend proseguirà nelle ultime settimane dell’anno alla fine del 2013 ci saranno più di 200mila giovani nel regime agevolato: quasi i due terzi del totale.
Al momento, si può sfruttare il fisco leggero per un massimo di cinque anni, con un’importante eccezione a favore dei più giovani: chi è entrato prima dei 31 anni, infatti, può comunque restare tra i minimi finché non ne compie 35. Il problema è che le regole potrebbero cambiare ben prima di queste scadenze naturali. Il Ddl di delega fiscale già approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato punta a un’operazione di riordino di tutti i regimi agevolati previsti finora (si veda anche l’articolo in basso) anche nell’ottica di semplificare la scelta per le micro-attività produttive.
La parola finale spetterà, poi, al Governo con i decreti attuativi. Ma se, per esempio, si dovesse ragionare su un meccanismo simile ai vecchi minimi (per i quali l’aliquota era al 20%) molti contribuenti si troverebbero comunque a pagare da un anno all’altro il 15% di tasse in più. Nel caso del nostro professionista, vorrebbe dire scendere da 1.425 a 1.200 euro netti al mese.
In attesa di vedere che cosa succederà con la delega fiscale, dunque, la sfida decisiva per i minimi è quella della crescita dei ricavi. Indispensabile per reggere alla fine del regime agevolato (a scadenza o per modifiche di legge). Ma anche tremendamente complicata in tempi di crisi economica.
Nov, 2013
Partite Iva iscritte all’Inps, congelato per un anno l’aumento dei contributi
Il ministro del lavoro Giovannini ha dato il via libera ad una serie di emendamenti alla legge di stabilità 2014 che prorogano per il 2014 l’aliquota contributiva al 27% per i titolari di partita Iva
Non ci sarà l’aumento dell’aliquota contributiva degli iscritti alla gestione separata, professionisti e partita Iva dal 1 gennaio 2014. Non ci sarà l’aumento dei contributi previdenziali, o meglio dell’aliquota contributiva per le partite Iva esclusive dal 1 gennaio 2014, previsto dalla riforma del lavoro Fornero. I professionisti tirano un sospiro di sollievo. Associazioni di professionisti con partita Iva avevano lanciato poco tempo fa l’allarme sull’aumento dei contributi dal 1 gennaio 2014, (si rinvia al nostro articolo Contributi professionisti, stop all’aumento dal 2014) dal 27,72% al 28,72%, per poi arrivare al 37,2% nel 2018. Un aumento contributivo deciso dall’ex ministro Fornero che ha introdotto l’aumento dell’ aliquota contributiva IVS degli iscritti alla Gestione separata Inps. Ora dopo numerose critiche, il ministro del lavoro Giovannini ha dato il via libera ad una serie di emendamenti alla legge di stabilità 2014 che prorogano per il 2014 l’aliquota contributiva al 27% per i titolari di partita Iva iscritti alla Gestione separata. Una proposta bipartisan . “Va valutato laicamente il congelamento di un anno dell’aliquota, così come l’introduzione di meccanismi per ripartire l’onere della contribuzione” – ha commentato il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. “Siamo disponibili a ragionare, senza dimenticare che con il sistema contributivo, il rallentamento della crescita della contribuzione si traduce in una pensione più bassa”.
Ddl Stabilità: stangata sulle case sfitte e mini-patrimoniale sui conti correnti
Tra le misure che dovrebbero tenere i conti in equilibrio e rilanciare la crescita, spuntano alcune medicine amare: taglio alle detrazioni Irpef, stangata sulle case sfitte e mini-patrimoniale sui conti deposito
La legge di Stabilità è pronta. Il governo ha definito un piano di gestione economica che inizierà a spiegare i suoi effetti nel 2014, e per tre anni. Si tratta di una manovra da 11,6 miliardi di euro nel primo anno, con riduzioni di spesa per 3,5. Foriera anche di un taglio del cuneo fiscale dal quasi 3 miliardi nel 2014, che diventeranno 5,6 per le imprese e 5 per i lavoratori nell’arco del triennio. Per quel che ruota attorno al fisco, le novità principali si contano sulle dita di una mano: taglio delle detrazioni Irpef; il Trise sulla casa e la proroga dei bonus; la stangata sulle case sfitte; l’incremento della ‘patrimonialina’ sul deposito titoli e ingresso dell’imposta di bollo sui documenti online. Sfumato in extremis l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie.
Innanzitutto, colpo di forbici alle detrazioni Irpef del 19%: attualmente previste, ad esempio, per spese mediche, farmaci, interessi mutui prima casa, spese portatori di handicap, assicurazioni sulla vita, asili nido e scuola, scenderanno al 18% per l’anno d’imposta 2013 e al 17% per l’anno d’imposta successivo.
Preoccupa molti, poi, la scoppola che si abbatterà sulleabitazioni non locate. In pratica, per le ‘case al mare’ non affittate, il decreto prevede in un passaggio ben preciso larivalutazione della rendita catastale di questi edifici al 17%; è è comunque meno del 34% dei tempi dell’Ici, ma l’Irpef marca comunque un ritorno in grande stile. Il quotidiano ‘La Stampa’ ha chiesto al Servizio politiche territoriali della Uil di fare due conti: «Per una casa di dimensione media in una grande città, chi ha un reddito di 40mila euro finirà per pagare 114 euro in più di Irpef, che sommati a Imu e Tasi fanno un aggravio di quasi 200 euro».
Se l’aumento della tassazione sulle rendite è stato scongiurato, ecco invece salire l’imposta di bollo per i conti deposito ed altri prodotti finanziari di investimento. I titolari di conto deposito in banca o in posta(compresi i buoni fruttiferi), assisteranno al ritocco del bollo dallo 0,15% allo 0,2% delle liquidità depositate a partire da gennaio 2014. Per la precisione si tratta dell’imposta di bollo per le comunicazioni periodiche ai clienti. Con questa modifica, a tutti gli effetti una mini-patrimoniale, si conta di incassare quasi un miliardo di euro. Già il governo Monti aveva innalzato la percentuale dallo 0,1 allo 0,15% e nel frattempo si era fortemente ridotta la quota di banche che assumevano l’onere al posto del cliente.