Sicurezza sul Lavoro

Lo Studio Pusceddu si occupa di SICUREZZA SUL LAVORO per tutte le aziende IN TUTTA ITALIA.

La sicurezza sul lavoro è un obbligo normativo per tutte le aziende, di qualsiasi settore, che hanno lavoratori dipendenti.

La mancanza di tutti gli adempimenti di sicurezza sul Lavoro, dal DVR, ai corsi di Formazione, alla nomina dell’RLS, comporta gravi sanzioni in capo alle aziende non in regola. Infatti per ogni singolo inadempimento sono previste sanzioni che vanno dall’arresto da 3 a 6 mesi o una ammenda da 2500 a 4600 euro, anche raddoppiate in casi piu’ gravi. Mettiti perciò in regola! Noi ci occupiamo di tutti gli adempimenti necessari obbligatori per metterti in regola.


 

 

RICHIEDI ORA UN PREVENTIVO GRATUITO personalizzato per la tua azienda. Compila il Form sotto.

    Lo Studio Pusceddu è consulente del lavoro e fiscale Online in tutta Italia, regolarmente iscritto nell’Ordine dei Consulenti del Lavoro CA con iscrizione n. 698, ed operante in tutto il territorio nazionale, si occupa di CONSULENZA FISCALE, TRIBUTARIA E DEL LAVORO e DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO delle nostre aziende clienti in tutta Italia. Lo studio è inoltre anche delegato dalla Fondazione lavoro, per la promozione dei tirocini formativi e di selezione del personale. Siamo a tua completa disposizione.

    Navette per strutture alberghiere: la detrazione IVA è limitata al 40%

    th6HUQ002YIl Ministero dell’Economia e finanze fornisce un’interpretazione restrittiva dell’art. 19–bis1 del D.P.R. n. 633/1972. Nel corso di un’interrogazione parlamentare a risposta immediata del 4 agosto 2016 è stata negata la possibilità di considerare automaticamente ed esclusivamente strumentali i mezzi di trasporto utilizzati quali “navette” dagli alberghi per gli spostamenti dei propri clienti.

    Conseguentemente l’Iva può essere considerata in detrazione nella misura del 40%. Rimane valida la possibilità di dimostrare l’utilizzo esclusivo (strumentale) dei predetti mezzi di trasporto.

    La fattispecie presa in esame riguardava automezzi con capienza minima pari a sei persone e massima fino a 9 persone. I mezzi di trasporto erano utilizzati quotidianamente per il trasporto degli ospiti verso gli impianti di risalita delle stazioni sciistiche, scuole di sci, stazioni ferroviarie, aeroporti, etc.

    Secondo l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle entrate si considerano “automaticamente” strumentali i mezzi di trasporto senza i quali l’attività non può essere esercitata. Si tratta, ad esempio, delle autovetture impiegate per l’esercizio dell’attività di leasing o di noleggio o ancora delle autovetture utilizzate per la formazione delle scuole guida.

    Le predette caratteristiche non sussistevano nel caso in esame. L’attività alberghiera può comunque essere esercitata anche senza mettere a disposizione dei clienti i mezzi di trasporto utilizzati quali “navette” per il raggiungimento di determinati luoghi. Le medesime limitazioni, secondo la risposta al question time si applicano anche ai fini delle imposte sui redditi. Pertanto l’onere potrà essere considerato in deduzione dal reddito di impresa nella misura massima del 20% ed entro i massimali previsti dall’art. 164 del TUIR.

    La percentuale di detrazione ai fini Iva del 40% è di tipo forfetario ed è stata autorizzata dalla Commissione europea. Pertanto essa si applica indipendentemente dalla misura dell’utilizzo dei predetti mezzi di trasporto nell’attività d’impresa esercitata. In pratica non è necessario verificare se le autovetture siano effettivamente impiegate nell’attività nella predetta misura del 40 per cento. Il legislatore presume in ogni caso un utilizzo promiscuo che però non deve essere dimostrata né dal contribuente, né dall’Agenzia delle entrate.

    Al fine di rendere la disposizione compatibile con la normativa comunitaria l’art. 19–bis1 del D.P.R. n. 633/1972 prevede la possibilità di considerare in detrazione l’Iva nella misura integrale a condizione di fornire la prova dell’utilizzo esclusivo.

    L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che devono considerarsi utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa anche i veicoli stradali a motore acquistati dal datore di lavoro o acquisiti anche in base a contratti di noleggio o locazione, anche finanziaria, e successivamente messi a disposizione del personale dipendente a fronte di uno specifico corrispettivo. La messa a disposizione del mezzo di trasporto dietro corrispettivo è infatti un’operazione imponibile ai fini Iva, ai sensi del principio generale in tema di imposizione delle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso contenuto nell’art. 24 della direttiva n. 2006/112/CE, non derogato dalla decisione del Consiglio, che prende in considerazione solo l’art. 26 della direttiva stessa. I veicoli utilizzati dal datore di lavoro nell’esercizio dell’impresa e messi a disposizione dei dipendenti, dietro un corrispettivo convenuto specificamente per la possibilità accordata a questi ultimi di utilizzarli anche per scopi privati, sono comunque da considerarsi utilizzati totalmente per l’effettuazione di operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività d’impresa. Ne deriva che, in base ai criteri generali in materia di detrazione dell’Iva, che l’imposta afferente l’acquisto dei veicoli stessi è integralmente detraibile. Ciò a condizione che non sussistano limitazioni alla detrazione conseguenti all’effettuazione di operazioni esenti o non soggette (Ris min. Dip. Politiche fiscali n. 6/2008).

    Questa soluzione non può però applicarsi alla fattispecie in esame. L’impresa intendeva considerare tout court le autovetture quali beni strumentali utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’attività indipendentemente dal noleggio dei predetti mezzi di trasporto ai dipendenti. La strumentalità era argomentata sulla base dello specifico servizio di “navetta”, ma la risposta fornita nel corso dell’interrogazione parlamentare è stata negativa.

    In mancanza di una specifica prova dell’utilizzo esclusivo, l’Iva sarà detraibile nella misura limitata del 40%

    Lavoro autonomo e lavoro “agile” pronti a diventare legge

    tutela-lavoro-autonomoIl disegno di legge “Jobs Act lavoro autonomo e lavoro agile” con misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile del lavoro subordinato detta “lavoro agile” ha superato il vaglio della Commissione Lavoro e attende di diventare legge.

    Nello specifico le principali novità sono le seguenti.

    La prima parte del provvedimento si occupa di lavoro autonomo con l’obiettivo di costruire per tali lavoratori, prestatori d’opera materiali e intellettuali non imprenditori, un sistema di diritti e di welfare capace di sostenere il loro presente e di tutelare il loro futuro.

    Le principali misure riguardano:

    deducibilità nella misura del 100%, delle spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità ; spese per la partecipazione a convegni,corsi di aggiornamento professionale, e in misura integrale delle spese per gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative.

    •la parificazione dei lavoratori autonomi ai piccoli imprenditori ai fini dell’accesso ai PON e ai POR a valere sui fondi strutturali europei;
    •il riconoscimento del diritto di percepire l’indennità di maternità spettante per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi, indipendentemente dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa, l’estensione della durata e dell’arco temporale entro il quale tali lavoratori possano usufruire dei congedi parentali, prevedendo che l’indennità per congedo parentale possa essere corrisposta per un periodo massimo di sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino;
    •la sospensione, senza diritto al corrispettivo, del rapporto di lavoro dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente in caso di gravidanza, malattia e infortunio, per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare, e la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi per l’intera durata della malattia e dell’infortunio fino ad un massimo di 2 anni, in caso di malattia e infortunio di gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre 60 giorni.
    •una specifica tutela contro la malattia in base alla quale, i periodi di malattia certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, sono equiparati alla degenza ospedaliera.

    La seconda parte del provvedimento reca disposizioni in materia di lavoro agile, che non è una nuova tipologia contrattuale, ma in una modalità flessibile di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato quanto ai luoghi e ai tempi di lavoro per agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

    È previsto che:
    •il lavoratore che presta l’attività di lavoro subordinato in modalità agile ha diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a chi svolge le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda, anche in materia di incentivi fiscali e contributivi;
    •il datore di lavoro garantisce ugualmente al lavoratore il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza.

    FISCOETASSE.COM

    La detrazione IVA e la deducibilità dei costi delle auto

    thCGHZ08XYLa detrazione dell’Iva per le automobili: regole generali
    La norma che stabilisce la detraibilità dell’ IVA sugli acquisiti di veicoli stradali e sulle relative spese, è l’art. 19-bis1 del D.P.R. 633/72 (testo unico IVA).

    Il testo in vigore nel 2016 prevede che la limitazione della detrazione iva al 40% riguardi «tutti i veicoli a motore, diversi dai trattori agricoli o forestali, normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a otto» che non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’attività di impresa o della professione.
    Quindi in generale è possibile detrarre il 40% dell’IVA sostenuta congiuntamente all’acquisto dell’automobile. Questo limite vige in quanto c’è la presunzione che l’autovettura risponda ad un utilizzo promiscuo più che esclusivo, infatti molto spesso l’auto viene impiegata sia ai fini esclusivamente aziendali, che ai fini personali.

    La predeterminazione legale della misura della detrazione al 40% era assoluta, ovvero non ammetteva prova contraria, mentre ora è una presunzione legale semplice, pertanto se il contribuente riesce a dimostrare l’uso esclusivo, può anche detrarre una percentuale maggiore.

    Di conseguenza, la limitazione non opera per i veicoli ad uso esclusivo dell’attività del soggetto passivo, il quale ha la possibilità di computare integralmente in detrazione l’imposta, fermo restando, in tal caso, l’onere probatorio dell’inerenza totale.

    Anche l’Iva, relativa alle prestazioni di servizi relative ai medesimi veicoli, – custodia, manutenzione e riparazione, transito stradale, nonché l’acquisto di carburanti e lubrificanti, è ammessa in detrazione nella stessa misura in cui è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione del veicolo.

    Ricapitolando, in linea generale l’acquirente può:
    •detrarre l’IVA sull’acquisto dell’autovettura e sui costi connessi (manutenzione, carburante…) al 40%;
    •detrarre l’IVA sull’acquisto dell’autovettura e sui costi connessi in misura superiore al 40%, salvo poi dimostrare l’utilizzo esclusivo del mezzo ai fini dell’attività.

    Detrazione IVA su auto e spese d’impiego
    E’ sparita, ma solo ai fini Iva, la distinzione tra autovetture, autoveicoli per trasporto promiscuo, falsi autocarri e autocarri; ed è stato superato anche il riferimento alla classificazione del Codice della strada.
    La detraibilita’ dell’Iva e’ la seguente:
    1.Detrazione 100% dell’Iva:
    veicoli stradali a motore per trasporto persone (es.: pullman) o cose (es.: camion) >= 35 q.li o con almeno 8 posti + quello del conducente, trattori, veicoli oggetto di produzione o commercio da parte del contribuente o senza i quali non puo’ svolgere l’attivita’ (es.: taxisti, noleggiatori auto,), ecc;

    2.Detrazione limitata (40%) dell’Iva:
    veicoli stradali a motore per trasporto persone o cose, < 35 q.li e con max 8 posti + quello del conducente.
    Attenzione: certi piccoli autocarri < 35 q.li (es.: Fiorino) per i quali prima non c’era dubbio sulla detraibilita’ 100% dell’Iva, oggi sono catalogati in questa categoria e per essi la detraibilita’ 100% dell’Iva e’ subordinata alla dimostrazione da parte del contribuente dell’utilizzo esclusivo nell’impresa;

    3.Indetraibilita’ totale (oggettiva) dell’Iva:
    riguarda solo le moto > 350 cc.

    Riepilogo detraibilità IVA e costi dell’auto
    La casistica aziendale, sia per la detraibilità dell’Iva che per la deducibilità degli ammortamenti e delle spese d’impiego, puo’ essere cosi’ riepilogata:
    1.Autocarri > =35 q.li:
    si detrae il 100% dell’Iva, anche su tutte le spese d’impiego, compreso pedaggi autostradali. Nel caso in cui essi vengano utilizzati occasionalmente per scopi extraziendali (es.: trasloco mobili di casa) e’ sufficiente autofatturarsi il servizio.

    2.Autovetture o autocarri < 35 q.li non affidate a dipendenti:
    b1) se ammettiamo un utilizzo promiscuo del mezzo, si detrae il 40% dell’Iva, anche su tutte le spese d’impiego. Il costo e’ ammortizzabile al 20% (con il limite del 20% di 18.076 elevato a 25.306,39 per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31 dicembre 2016), Le spese d’impiego si deducono al 20%.
    b2) se ammettiamo un utilizzo esclusivo impresa/professione, si detrae il 100% dell’Iva creando le prove di tale utilizzo esclusivo (es.: giornale di bordo con nominativi conducente, percorrenze e causali). L’Iva sulle spese d’impiego si detrae al 100% (compresi pedaggi autostradali). Ma il costo e’ ammortizzabile al 20% ( con il limite del 20% di 18.076 elevato a 25.306,39 per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31 dicembre 2016), Le spese d’impiego si deducono al 20%. Per il professionista la deducibilità parziale è ammessa solo per un veicolo.

    Per i vecoli nuovi acquistati tra il 15.10.2015 e il 31.12.2016 la Legge si Stabilità 2016 ha previsto l’incremento del 40% del costo di acquisizione e di conseguenza l’aumento nella medesima misura (40%) dei limiti di deducibilità di cui all’art. 164, comma 1, lett. b), TUIR.
    1.Autovetture o autocarri < 35 q.li affidate a dipendenti dietro pagamento di un corrispettivo:
    si detrae il 100% dell’Iva, anche sulle spese d’impiego (compresi pedaggi autostradali). Il costo e’ ammortizzabile al 70% senza limiti, le spese d’impiego si deducono al 70%. Per effetto delle agevolazioni introdotte dalla legge di Stabilità (L. 208/215) il costo di acquisto potra’ essere maggiorato del 40%.

    2.Agenti e Rappresentanti:
    di regola detraggono il 100% dell’Iva sia all’atto dell’acquisto dell’auto che sulle spese d’impiego. Quanto alla deducibilita’ del costo d’acquisto dell’auto, essi deducono l’80%, col massimale per l’ammortamento dell’auto dell’80% di euro 25.823 elevato a 36.151,98 per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31/12/2016, per effetto dell’agevolazione introdotta dalla Legge di Stabilità 2016. Anche le spese d’impiego sono deducibili all’80%.

    Limiti di deducibilità dei costi d’acquisto di auto e moto: il super ammortamento
    Riepiloghiamo qui di seguito i limiti di spesa degli auto-motoveicoli fiscalmente deducibili per imprese (esclusi agenti e rappresentanti) e professionisti :
    •Autovetture: ◦Per gli acquisti effettuati fino al 14/10/2015: costo massimo fiscalmente ammortizzabile = euro 18.076, percentuale di deducibilita’ 20%, massimo ammortamento fiscale nei 4 anni = euro 3.615;
    ◦per gli acquisti effettuati dal 15/10/2015 fino al 31/12/2016: costo massimo fiscalmente ammortizabile = euro 25.306,39, percentuale di deducibilita’ 20%, massimo ammortamento fiscale nei 4 anni = euro 5.061,27;

    •Stessa autovettura affidata a dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta:
    nessun limite di costo massimo aumentabili del 40% per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31 dicembre 2016, e percentuale di deducibilita’ del 70%;
    •Autovettura acquisita in leasing:
    l’importo massimo fiscalmente deducibile dei canoni e’ il 20% di (18.076 : costo auto concedente elevato a 25.306,39 per i contratti stipulati dal 15/10/2015 al 31/12/2016) x canoni annui di competenza, per un periodo non inferiore a 48 mesi indipendentemente dalla durata del contratto;
    •Autovettura acquisita in leasing ed affidata a dipendente per la maggior parte del periodo:
    l’importo annuo fiscalmente deducibile dei canoni e’ il 70% dei canoni di competenza, senza limiti;

     

           Autovetture                                  Acquisti fino al              dal 15/10/2015              Affidata ad un dipendente per la >

    acquisite in leasing                               14/10/2015                   al 31/12/2016                 parte del  periodo d’imposta

    Costo massimo fiscalmente

    ammortizzabile                                          18.076                          25.306,39                                       –

    Percentuale di deducibilità                         20%                                  20%                                        70%

    Massimo ammortamento fiscale

    nei 4 anni                                                       3.615                               5.061,27                                       –

    Canoni di noleggio auto:
    costo massimo annuo fiscalmente ammesso = euro 3.615 (e’ previsto il ragguaglio ad anno), percentuale di deducibilita’ 20%, pertanto l’importo annuo fiscalmente deducibile = euro 723,00 (euro 154,80 per noleggio moto, euro 82,64 per noleggio ciclomotore);
    •Canoni di noleggio auto affidata a dipendente:
    nessun costo massimo annuo e deducibilita’ del 70% del costo del noleggio;
    •Motocicli:
    costo massimo fiscalmente ammortizzabile = euro 4.132 elevato a 5.784,32 per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31/12/2016, percentuale di deducibilita’ 20%, massimo ammortamento fiscale nei 4 anni = euro 826,40 elevato a 1.156,86 a seguito dell’agevolazione introdotta dalla Legge di Stabilità 2016; se affidati a dipendente sparisce il limite massimo e la percentuale e’ sempre del 70%;

                                                                 Acquisti fino al               Acquisti dal                                        Affidata ad un dipendente per la >

    10/2015                    15/10/2015 al 31/12/201614             parte del periodo periodo d’imposta

    Costo massimo fiscalmente

    ammortizzabile                                   4.132                                       5.784,32                                                              –

    Percentuale di deducibili                  20%                                            20%                                                                70%

    Massimo ammortamento

    fiscale nei 4 anni                              826,40                                    1.156,86                                                                 –

     

    Ciclomotori:
    costo massimo fiscalmente ammortizzabile = euro 2.066 elevato a 2.892,16 per gli acquisti dal 15/10/2015 al 31/12/2016, percentuale di deducibilita’ 20%, massimo ammortamento fiscale nei 4 anni = euro 413,20 elevato a 578,43 per effetto dell’agevolazione introdotta dalla legge di Stabilità 2016; se affidati a dipendente sparisce il limite massimo e la percentuale e’ sempre del 70%

                                                                                       Acquisti fino           Acquisti dal 15/10/2015    Affidata ad un dipendente per la >

                                                                                      al 14/10/2015               al 31/12/2016                       parte del periodo d’imposta

    Costo massimo fiscalmente ammortizzabile               2.066                     2.892.16                                                    –

    Percentuale di deducibilità                                              20%                           20%                                                       70%

    Massimo ammortamento fiscale nei 4 anni               413,20                        578,43                                                       –

    Fiscoetasse.com

     

    Tutto pronto per la costituzione delle startup: ecco i requisiti

    Start-up ConceptTutto è pronto per la costituzione delle startup innovative con modalità agevolata. Un comunicato stampa di Unioncamere e InfoCamere rende noto che dal 20 luglio per costituire una una startup innovativa in forma di società a responsabilità limitata, basta collegarsi alla piattaforma startup.registroimprese.it, compilare e firmare digitalmente l’atto di costituzione “standard”.

    Ma chi sono le startup e quali sono i requisiti?

    Le startup innovative sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, residenti in Italia o in altro Paese membro dell’UE purchè abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia, che rispondono a determinati requisiti e hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente: lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

    Per essere considerate società innovative oltre all’oggetto sociale bisogna possedere dei precisi requisiti quali :
    •essere costituita da non più di 60 mesi
    •avere la sede principale dei propri affari e interessi in Italia.
    •non aver superato 5 milioni di euro a partire dal secondo anno
    •non distribuire o non aver distribuito utili.
    •altri requisiti inerenti l’ammontare delle spese di ricerca e sviluppo, peculiarietà della forza lavoro impiegata, titolarità di licenze e brevetti. Quali ultimi requisiti possono essere alternativi.

     

    Fonte: “fiscoetasse.com”

    Omessa dichiarazione Imu e Tasi: mini sanzione entro il 30 luglio

    Con la riforma delle sanzioni è stato introdotto il ravvedimento breve entro 30 giorni, entro il quale la sanzione viene dimezzata, in caso quindi di tardiva presentazione della dichiarazione Imu c’è la possibilità di presentarla entro il 30 luglio 2016 con sanzione ridotta ad un 1/10 della metà del minimo (pari al 5%).

    Si ricorda che l’obbligo di presentazione della dichiarazione IMU sorge solo nei casi in cui il possesso o la detenzione degli immobili ha avuto inizio oppure ci sono state delle specifiche variazioni ai fini della determinazione dei tributi. La dichiarazione IMU va presentata al Comune in cui sono ubicati gli immobili entro il 30 giugno dell’anno successivo alla data in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta e ha effetto anche per gli anni successivi a patto che non si verifichino variazioni tali da determinare un diverso ammontare dell’imposta dovuta.

    In caso di mancata presentazione della dichiarazione IMU/TASI nei termini, ovvero di presentazione di dichiarazione infedele IMU/TASI è possibile sanare la violazione presentando, entro i termini di seguito specificati, una dichiarazione tardiva, ovvero rettificativa ed effettuando contestualmente il versamento comprensivo di tributo o maggior tributo dovuto, della sanzione ridotta e degli interessi al tasso legale calcolati sui giorni di effettivo ritardo.

    Sulla dichiarazione (redatta su modello conforme a quello approvato con Decreto Ministeriale) deve essere riportata l’annotazione che questa è presentata a seguito di ravvedimento operoso per omessa presentazione di dichiarazione; alla dichiarazione deve inoltre essere allegata copia della ricevuta di versamento della somma dovuta a titolo di sanzione.

    In caso di omessa dichiarazione questa è punita con una sanzione pari al 100% del tributo dovuto, con un minimo di euro 50,00. La sanzione è ridotta della metà in caso di presentazione entro 30 giorni dalla scadenza (entro il 30 luglio 2016), quindi versando la sanzione ridotta ad un 1/10 della metà del minimo (pari al 5%) o entro il 90° giorno successivo alla scadenza pagando la sanzione ridotta ad un 1/10 del minimo (pari al 10%), se è dovuta imposta.
    Se non è dovuta imposta, la sanzione è calcolata sulla base della sanzione minima di € 50,00.

    Riferimenti normativi: Art. 13, c. 1, lett. b) D.lgs. 472/1997

    Fonte: Fiscoetasse.com

    Unioni civili e detrazioni fiscali

    Lo%20stesso%20sì%20unioni%20civiliLe unioni civili sono ormai completamente equiparate, dal punto di vista fiscale, al matrimonio. Ciò dopo l’approvazione della legge Cirinnà (legge 20 maggio 2016, n. 76). L’equiparazione vale anche per le detrazioni di imposta per carichi di famiglia e per gli oneri deducibili ex art. 10 del TUIR.

    L’equiparazione trova origine nell’art. 1, c. 20 della legge in rassegna il quale prevede che “… le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

    A seguito delle tecnica utilizzata dal legislatore, l’art. 12, comma 1 del TUIR, contenente la parola coniuge, deve essere applicato ad ognuna delle parti dell’unione civile. L’Agenzia delle entrate deve riconoscere in favore delle unioni civili, la detrazione per il coniuge a carico prevista dal predetto art. 12, c. 1, lett. a – b del TUIR.

    I limiti quantitativi sono coincidenti con quelli applicabili nel caso di matrimonio. Pertanto la detrazione può essere fatta valere a condizione che il “congiunto” (avente lo stesso sesso) abbia un reddito lordo annuo complessivo non superiore a 2.840,51 euro. Il sostituto di imposta dovrà riconoscere la predetta detrazione nell’ambito dei rapporti di lavoro dipendente con riferimento ai redditi erogati nell’anno.

    L’art. 12, c. 2, del TUIR ammette la detrazione per talune categorie di oneri anche nel caso in cui siano stati sostenuti nell’interesse delle persone fiscalmente a carico. Anche in tale ipotesi, come per le fattispecie già esaminate, il riferimento al coniuge deve essere “letto” in favore di una delle parti dell’unione civile. Pertanto se, ad esempio, una delle parti effettua il pagamento, nell’interesse dell’altra parte (fiscalmente a carico), di un premio assicurativo, avente ad oggetto il rischio morte o di invalidità permanente non inferiore al 5 per cento da qualsiasi causa derivante, è possibile fruire della detrazione all’uopo prevista pari a 630 euro.

    I benefici sopra indicati (detrazioni ed oneri deducibili sostenuti nell’interesse dell’altra parte dell’unione civile effettivamente a carico) spettano a condizione che l’unione civile sia costituita secondo le indicazioni della legge Cirinnà.

    Le due parti interessate devono aver raggiunto la maggiore età e devono avere lo stesso sesso. In questo caso possono costituire un’unione civile mediante una dichiarazione resa di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. L’ufficiale di stato civile deve provvedere alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile. L’unione civile tra persone dello stesso sesso è certificata dal relativo documento attestante la costituzione dell’unione, che deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza, oltre ai dati anagrafici e alla residenza dei testimoni.

     

    Gestione dell’attivita’ antieconomica: l’Agenzia delle Entrate non può contestare le scelte imprenditoriali!

    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4345 del 04.03.2016, è tornata sul tema dell’antieconomicità della gestione aziendale come sintomo di evasione.

    Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate notificava ad una società un avviso di accertamento con cui procedeva a recuperare a tassazione sul reddito di impresa dichiarato dalla parte il costo non documentato rappresentato da una nota di credito emessa in favore di un proprio affiliato a totale sconto di pregresse forniture di merci.

    Impugnata dall’ufficio avanti alla Commissione Tributaria Regionale, la sentenza di primo grado era confermata dal giudice d’appello, il quale riteneva che, contrariamente a quanto assunto dall’Amministrazione appellante, l’operazione compiuta dal contribuente, apparentemente priva di ragionevolezza economica, in quanto intesa a sostenere un operatore in difficoltà, non lo era tuttavia “da un punto di vista imprenditoriale“.

    Secondo i giudici di secondo grado, l’operazione andava invero ritenuta inerente “per il solo fatto che il costo si pone come una scelta di convenienza per l’imprenditore, il cui fine è pur sempre quello di pervenire al maggior risultato economico“.

    Nella specie l’imprenditore ne aveva evidentemente riconosciuto la convenienza, sicché la contestata emissione della nota di credito rappresentava un costo pienamente deducibile.

    Nel ricorrere davanti alla Suprema Corte, l’Agenzia affermava allora che sussisteva vizio di omessa motivazione, dato che mancava nella sentenza sia “la valutazione complessiva del rapporto giuridico di imposta sottostante, sia del comportamento fiscale del contribuente”, oltre, alla mancanza di una qualsiasi documentazione che provasse la realtà degli sconti e la circostanza che nell’anno di verifica il volume di acquisti operato dall’affiliato fosse stato completamente assorbito dalla nota di credito in contestazione.

    Secondo i giudici di legittimità, tuttavia, il ricorso dell’Amministrazione era infondato.

    Pur essendo vero, infatti, che, in sede di determinazione del reddito di impresa, l’accertamento dell’esistenza di attività non dichiarate, ovvero dell’inesistenza di passività dichiarate può essere effettuato dall’ufficio, nell’ambito della disciplina delineata dall’art. 39, . 1, lett. d, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare, qualora si possa dubitare della sua attendibilità, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente.

     Essendo scopo dell’attività di impresa il perseguimento di un lucro, non potendosi quindi considerare la rinuncia ad un credito un onere inerente e quindi deducibile, la sentenza della CTR non presentava in realtà alcuna mancanza sotto il profilo motivazionale, dato che aveva valutato l’operazione proprio sotto il profilo della sua convenienza commerciale per il contribuente, ritenendo che l’operazione non fosse imprenditorialmente inappropriata, dal momento che “le strategie aziendali attengono esclusivamente alla sfera dell’amministrazione dell’impresa, che valuta la convenienza di effettuare o meno sconti, abbuoni su crediti vantati“.

    In tal modo, il giudice di merito aveva quindi formulato un giudizio di fatto, che, dissentendo dal presupposto dell’antieconomicità dell’operazione, aveva invece considerato che la scelta posta in essere dal contribuente, appartenesse alla sfera insindacabile delle strategie imprenditoriali, in linea con la regola della business judgement rule.

    L’Agenzia, secondo la Corte, formulava quindi una critica, non solo infondata, ma pure inammissibile, in quanto mirava a conseguire un nuovo e diverso apprezzamento delle risultanze fattuali, già negativamente valutate dal giudice di appello.

    Infondata era inoltre, secondo i giudici di legittimità, anche la protesta che l’Agenzia sollevava, lamentando che la CTR era pervenuta alla impugnata conclusione, ignorando che l’agevolazione era stata accordata in difetto di ogni documentazione e per un ammontare corrispondente all’intero volume degli ordinativi effettuato dal beneficiario.

    Se quindi la libertà di cui l’imprenditore gode nella conduzione dell’impresa può talora giustificare il compimento di scelte imprenditoriali apparentemente opinabili e se ciò, come visto, non determinava alcun vizio della decisione sotto il profilo motivazionale, perché “l’autonomia dell’impresa non incontra fiscalmente altro limite che quello dell’abuso di diritto”, i rilievi che l’ufficio sollevava in ordine alla certezza del rapporto, rientravano, nell’area della riconosciuta insindacabilità delle strategie imprenditoriali.

    E’ noto che l’antieconomicità della gestione dell’azienda viene spesso individuata come un sintomo di sottofatturazione.

    Vero è che la rivendita di beni sottocosto, o la contrazione del reddito mediante l’imputazione di costi eccessivi rispetto all’ordinaria attività di impresa, comporta la possibilità per l’Ufficio di rideterminare induttivamente il reddito da sottoporre a tassazione.

    Anche se l’imprenditore è libero di concludere buoni o cattivi affari, infatti, dei limiti devono comunque essere individuati.

    Pertanto, in presenza di un comportamento che sfugga a parametri di “buon senso” imprenditoriale, è legittimo il sospetto che l’incongruenza sia soltanto apparente e che dietro di essa si celi una diversa realtà.

    Tuttavia, come affermato dai giudici della Corte, la valutazione è in tal caso esclusivamente di merito e in quanto tale, laddove comunque motivata, esente da possibilità di censura in sede di legittimità.

    La posizione dell’Ufficio, comunque, non deve rappresentare un’astratta posizione di principio, ma deve fondarsi su un riscontro effettivo, operato sulla base di gravi e precise incongruenze, verificate in sede di accertamento ed eventualmente non chiarite dal contribuente, quali, per esempio:

    – la produzione costante di perdite consistenti in un arco temporale rappresentativo;

    – il costante versamento, da parte dei soci, di finanziamenti infruttiferi con rinuncia alla restituzione;

    – la mancata percezione da parte dei soci di somme dalla società, né sotto forma di utili, né di compensi amministratori, o stipendi.

    La questione, come comunque ancora evidenzia la Corte, non potrà riguardare in tali casi la sufficienza o idoneità della motivazione dell’accertamento e quindi la sua legittimità, ma, semmai, la sufficienza o idoneità della prova dei fatti contestati e in particolare del confronto comparativo, nel merito, con le prove contrarie addotte dalle parti.

    Redditi di lavoro dipendente all’estero: tassazione in Italia

    croppedimage701426-frontalieriI lavoratori dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa all’estero per lunghi periodi, se mantengono la residenza fiscale in Italia, devono pagare le imposte sia in Italia che all’estero.

    Dal punto di vista fiscale, la tassazione dei redditi sorti da attività di lavoro dipendente svolta all’estero è applicata secondo un sistema di coordinamento fra la normativa nazionale e quella convenzionale. Il contribuente ha diritto ad un credito per le imposte pagate nel Paese estero a titolo definitivo per i redditi di lavoro dipendente percepiti da lavoratori residenti nel territorio dello Stato e prodotti in un Paese Extra – Ue in cui non esiste alcun tipo di convenzione contro le doppie imposizioni e per quelli in cui esiste una convenzione in base alla quale tali redditi devono essere assoggettati a tassazione sia in Italia che all’estero.

    I redditi di lavoro dipendente prodotti all’estero sono sottoposti a specifiche regole di tassazione, a seconda che il contribuente abbia in Italia la residenza o sia stata trasferita nel Paese estero.

    L’art. 3 del TUIR stabilisce che i soggetti residenti in Italia sono assoggettati a tassazione in Italia in relazione a tutti i redditi posseduti e di conseguenza anche per quello da lavoro dipendente prodotti all’estero. Ai sensi dell’art. 2 del T.U.I.R. , ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile

    In tutti i casi in cui un lavoratore mantiene la residenza fiscale si rende applicabile il criterio di tassazione su base mondiale e, conseguentemente, anche il reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero è sottoposto all’imposizione nel nostro Paese

    L’art. 51, comma 8 bis del TUIR dispone che il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale di cui all’art. 4 comma 1 del D.L: 31 luglio 1987 n. 317, convertito con modificazioni dalla L. 3 ottobre 1987 n. 398.

    La normativa è applicabile a condizione che:

    •Il dipendente sia fiscalmente residente in Italia;
    •L’attività sia svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto;
    •Il dipendente soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi.

    Altro fattore molto importante da tenere in considerazione per la determinazione del reddito risulta essere la presenza o meno di convenzioni contro le doppie imposizioni. Pertanto, si possono distinguere tre diverse fattispecie a seconda di dove viene svolta l’attività lavorativa:

    •Paese comunitario;
    •Paese extra – comunitario con il quale esiste una convenzione;
    •Paese extra – comunitario con il quale non esiste una convenzione.

    l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che:
    -La normativa non si applica nel caso di invio di un dipendente in trasferta;
    •Il requisito di 183 giorni è realizzabile anche a cavallo di due anni solari;
    •Il periodo di permanenza all’estero, utile al superamento del limite dei 183 giorni, non deve necessariamente essere continuativo;
    •Al fine della verifica della permanenza all’estero si deve tener conto anche del periodo di ferie, delle festività, dei riposi settimanali e degli altri giorni non lavorativi;
    •Al fine di individuare la retribuzione convenzionale mensile di riferimento deve essere fatto un raffronto tra il trattamento economico complessivo del dipendente diviso per dodici;
    •Se il contratto stipulato con il dipendente prevede la permanenza all’estero per un periodo superiore ai 183 giorni il sostituto di imposta può effettuare le ritenute sulla base delle retribuzioni convenzionali fin dal primo periodo di paga.

    Aspetti fiscali reddito dipendente prodotto all’estero

    L’art. 15 del Modello OCSE si occupa di disciplinare la modalità di tassazione degli stipendi, dei salari e delle altre remunerazioni percepite dai soggetti residenti di uno Stato contraente come corrispettivo dell’attività di lavoro dipendente: il principio generale di tassazione nello Stato nel quale è effettivamente svolta l’attività di lavoro dipendente.

    Se l’attività di lavoro dipendente è svolta in uno Stato diverso da quello di residenza, la tassazione nello Stato di svolgimento dell’attività non esclude la tassazione anche nello Stato di residenza.

    In deroga al principio generale, l’art. 15 par. 2 del modello OCSE prevede, a determinate condizioni, l’esenzione da tassazione nello Stato dove è svolta l’attività di lavoro dipendente e la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore.
    Il beneficiario deve soggiornare nello Stato in cui esercita l’attività di lavoro dipendente per un periodo che non supera in totale 183 giorni;
    •Le remunerazioni devono essere pagate da un datore di lavoro che non è residente nello Stato dove viene svolta l’attività di lavoro dipendente;
    •L’onere delle remunerazioni non deve essere sostenuta da una stabile organizzazione di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui è svolta l’attività.

    La normativa italiana prevede tre tipologie di tassazione dei redditi da lavoro dipendente svolto all’estero:
    1.Tassazione sulla base delle retribuzioni convenzionali: il reddito di lavoro dipendente derivante dall’attività prestata all’estero, in via esclusiva e come oggetto esclusivo del rapporti di lavoro, da soggetti che soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato forfettariamente sulla base delle retribuzioni convenzionali definite con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Condizione fondamentale è che venga stipulato uno specifico contratto che prevede l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e il dipendente deve essere collocato in uno speciale ruolo estero.
    2.Tassazione analitica dei redditi: quando l’attività prestata dal dipendente non rientra in nessuno dei settori previsti dal decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche sociali, la tassazione deve avvenire in base alle retribuzioni lorde effettivamente erogate, al netto dei contributi previdenziali obbligatori a carico del dipendente, anche se versati nello Stato estero.
    3.Tassazione dei redditi di lavoro dipendente dei c.d. “frontalieri”: tali redditi concorrono a formare il reddito complessivo ai fini IRPEF per l’importo eccedente i 7.500 euro dal 2015. Le condizioni che si devono verificare per applicare tale modalità di tassazione sono:
    •Lavoratori fiscalmente residenti in Italia;
    •Lavoratori che prestano la propria attività all’estero in zone di frontiera o in altri paesi limitrofi, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
    •I lavoratori devono recarsi quotidianamente all’estero per svolgere la prestazione di lavoro.

    Credito di imposta ex art. 165 del TUIR

    Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo.

    Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

    Il criterio di rimborso del credito è disciplinato in modo dettagliato dall’art. 165 del TUIR o in alternativa in base all’art. 23 comma 3 del DPR 600/1973; non è possibile avere in restituzione imposte superiori a quelle pagate in Italia e non devono essere prese in considerazione le perdite dei precedenti periodi di imposta ammesse in deduzione

    Medici di famiglia: esenzione Irap

    irap-immagineI medici di famiglia non sono tenuti a pagare l’Irap. La medicina di gruppo, svolta in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, non è equiparabile all’attività degli studi professionali associati né tanto meno ad alcuna forma societaria, sfuggendo in questo modo all’applicazione del tributo. Sempre che non vi siano beni strumentali o apporto di lavoro di terzi di entità superiore al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale. Tanto ha asserito la 6ª sezione civile della Cassazione che, dopo il recente intervento delle sezioni unite, con tre diverse sentenze depositate il 14 luglio: le pronunce nn. 14408, 14409 e 14412 del 2016.